Riccardo è il nostro primogenito, e come spesso accade nelle uscite in passeggino all’età di due anni ci faceva compagnia un’altra mamma con il suo bimbo.
Ricordo esattamente che i nostri primissimi dubbi nascono in quel periodo quando si potevano fare i primi paragoni sulle nuove conquiste dei nostri cuccioli. Riccardo rispetto all’altro bambino era un po’ indietro, era molto impacciato nei movimenti e la sua proprietà di linguaggio non era come quella del suo amichetto.
Da quel momento in poi ci siamo sempre sentiti ripetere che ciascun bambino ha i suoi tempi e che dovevamo aspettare.
Io e mio marito ne eravamo convinti, tanto che come un mantra, in ogni occasione in cui notavamo qualcosa di strano, ce lo ripetevamo costantemente.
Noi orgogliosi del nostro piccolo uomo a due anni e mezzo iniziavamo a dare a Ricky i primi compiti: accendere la luce, porgerci un gioco ma lui queste cose non le faceva.
A quattro anni nasce il fratellino e io spesso sola durante l’allattamento del piccolo chiedevo a Riccardo piccoli aiuti come portarmi una copertina, o semplicemente aspettare se lui aveva sete e voleva bere, ma lui continuava a guardarmi e a ripetere “ho sete”.
Io mi arrabbiavo e gli dicevo che a quattro anni doveva essere in grado di capire che la mamma aveva il fratellino in braccio e aveva bisogno di collaborazione. Ma a parte questi episodi, lui era un bambino tranquillo, forse anche troppo, con il suo dito in bocca restava buono davanti alla televisione per tutto il tempo che gli si permetteva di restare a guardarla. Abbiamo spesso pensato che avesse disturbi di udito perché non rispondeva mai ai richiami, era come se dovessimo riportarlo indietro da un mondo parallelo dove lui trovava rifugio.
Un’altra caratteristica di Riccardo era quella di allineare qualsiasi cosa avesse tra le mani, fossero macchinine, le nostre ciabatte i pastelli. Questo comportamento maniacale ci ha spaventato un po’.
Durante il secondo anno della scuola materna, noi spesso cercavamo di capire dalle insegnanti quali erano le loro impressioni ma anche loro ci ripetevano che ogni bambino ha i suoi tempi e che era sicuramente un po’ immaturo ma che col tempo sarebbe migliorato.
In occasione dell’inizio del progetto piscina, una maestra mi chiese se Riccardo fosse entusiasta, a quel punto con estrema naturalezza io ho fatto presente che il bambino non mi parlava mai delle sue emozioni e che secondo me lui non aveva neanche capito cosa fosse una piscina. Lei fece un profondo respiro come quasi a cercare il coraggio e mi disse che voleva parlarmi su dei dubbi che nutriva da un pò di tempo sul bambino. Mi disse che in classe spesso si leggeva una storia e che poi veniva chiesto loro di fare un disegno, nei disegni di Riccardo non c’era mai un riscontro con la storia narrata, oppure spesso il suo disegno era identico a quello del vicino di banco.
Con estremo timore mi consigliò di portarlo in un centro medico e di sottoporlo a dei test.
A quel punto tutti i nostri dubbi si concretizzarono.
Riccardo ha un disturbo pervasivo dello sviluppo non altrimenti specificato.
Fu una doccia fredda, naturalmente non sapevamo bene di cosa si trattasse, fortunatamente devo specificare che anche i medici si complimentarono per aver capito che Riccardo aveva un problema, perché la sua forma di autismo è molto leggera.
A dire il vero so che questa, rispetto ad altri casi è sicuramente una fortuna, ma permettetemi di dire che è anche un’arma a doppio taglio. Noi spesso ci siamo sentiti dire che il bambino non aveva niente, che noi eravamo esagerati, ma siamo andati avanti per la nostra strada e abbiamo incontrato anche tanta gente che ci ha aiutato anche solo ascoltandoci e non giudicandoci.
Siamo arrivati alla convinzione che lieve o no, lui come tutti gli altri bambini affetti da questi disturbi, aveva il diritto di avere tutti gli aiuti possibili.
Da un punto di vista burocratico è come se si cominciasse una guerra che non ha mai fine e dove non si può mai abbassare la guardia. Ogni diritto va conquistato con estrema fatica. Ma di contro va detto che abbiamo avuto la fortuna di affidare il bambino ad una Psicologa bravissima e che da subito lo ha aiutato e ancora lo aiuta con una professionalità e un amore che sono stati fondamentali per lui.
Per un anno ha seguito una terapia individuale e di gruppo che si chiama “ABA”, e ora da qualche mese segue solo incontri di gruppo perché il suo principale problema è senza dubbio la socializzazione.
Ora frequenta la prima elementare e devo dire che ci sta regalando tantissime soddisfazioni, sia a livello didattico che in termini di relazione con i coetanei.
Riccardo è un bambino fortunato, ed io sono una mamma felice!